A cura di: Rosa Cavalieri e Sabrina Carratú
La rivolta degli agricoltori europei, fomentata da molteplici ragioni economiche e legislative, divampa da tempo senza sosta. In effetti, se i tagli agli aiuti agricoli e l’aumento delle tasse hanno inclinato non poco la situazione, a peggiorarla sono stati fenomeni climatici avversi e politiche particolarmente dure, ma soprattutto i criteri previsti dal Green Deal dell’Unione Europea.
La protesta, che ha toccato anche il suolo italiano, si scaglia maggiormente contro la questione dei prezzi e delle nuove abitudini alimentari, come l’introduzione della carne sintetica e della farina di insetti, dinanzi alla situazione attuale degli agricoltori che vedono i loro guadagni subire una drastica diminuzione rispetto alle cifre esorbitanti toccate dal costo dei mutui.
Così facendo, l’azienda agricola non solo risente della concorrenza che inevitabilmente si innesca, ma vive una forte svalutazione del valore dei prodotti del proprio mercato, ovvero quello tradizionale che è frutto di sacrifici e duro lavoro nei campi.
Quest’ultimo aspetto rientra in ciò che costituisce il peso del marchio italiano, di quel ‘’Made in Italy’’ non sufficientemente riconosciuto a causa della crescente diffusione dei cibi sintetici e dell’avvento di politiche che diventano sempre più rigorose. Gli agricoltori durante la loro protesta hanno avanzato 10 richieste:
-La riprogrammazione del green deal, cioè una revisione completa della politica agricola europea in quanto di estremismo ambientalista e a discapito della produzione agricola e dei consumatori;
-Vietare l’importazione di prodotti agricoli provenienti da paesi dove non sono in vigore i nostri stessi regolamenti produttivi e sanitari, garantendo inoltre la libertà di impresa;
-L’ istituzione di un tavolo tecnico di soli agricoltori coinvolti in caso si vari o ritocchi una normativa che riguardi il settore agricolo ed alimentare;
-Abolire vincoli ed incentivi per non coltivare i terreni ed eliminare l’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni e ogni forma di contributo volta a disincentivare la coltivazione;
-Detassare l’agricoltura mantenendo un regime fiscale adeguato al mondo dell’agricoltura, visto l’aumento dei costi di produzione e della flessione dei mercati dei prodotti agricoli;
-Mantenere il sistema che tiene fissi i costi del gasolio agricolo;
-Mettere in atto regolamenti rigidi per l’entrata di alimenti sintetici sul mercato;
-Togliere o ridurre l’iva su alcuni prodotti (ad esempio il vino, applicando un massimo di 10%);
-Garantire un contenimento della fauna selvatica, rispondendo in maniera efficace ai danni diretti ed indiretti provocati da questa;
-Valorizzare le figure dell’agricoltore e dall’allevatore partendo dalle scuole;
Il 15 febbraio al Circo Massimo si terrà una protesta, alla quale hanno aderito 20mila agricoltori con circa 150 trattori.