Da poco più di dieci settimane, sia nella capitale che in altre città del paese, numerosi gruppi di persone composti da movimenti e ideali tanto simili quanto lontani, sono scesi per le strade a far sentire il loro dissenso. Cerchiamo di ricostruire i vari avvenimenti.
Attualmente in Israele si è formato, a fine 2022, il governo più di destra nella storia del paese che vede come primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale ha alle spalle già diversi mandati con questa carica. Come abbiamo visto anche in altre nazioni, questo tipo di orientamento ha sempre avuto come conseguenza manifestazioni da parte di diversi movimenti perlopiù a stampo sociale, ma ciò che sta accadendo a Tel Aviv ha coinvolto settori come i lavoratori d’imprese tecnologiche, economisti, medici e persino militari. In parole povere, nel paese una contestazione così lunga e varia non si era mai vista.
Secondo il POST non solo alcuni militari, ma anche membri del servizio segreto israeliano hanno deciso di unirsi alle manifestazioni. A quanto pare, la maggioranza delle proteste sono rivolte ad una riforma che potrebbe ribaltare gli equilibri dei poteri di stato.
In Israele il potere è suddiviso tra il Knesset (il parlamento), il Governo d’ Israele (autorità esecutiva) e la Corte Suprema d’Israele (la più alta istanza giudiziaria). Quest’ultima ha svolto un ruolo di “bilanciamento” tra i poteri, per così dire. Molti membri del governo fanno parte anche del parlamento, tra cui il primo ministro e il primo ministro ad interim. Senza l’intervento della Corte Suprema tramite la “clausola di ragionevolezza”, che consente di abolire un provvedimento amministrativo se ritenuto irragionevole, non ci sarebbero equilibri tra i vari poteri.
Ciò che ha proposto il governo da poco formatosi è una riforma che, spiegato in breve, permette al parlamento di annullare la sentenza della Corte con un voto di maggioranza e, inoltre, è stata proposta una modifica al metodo di nomina della Corte, affidandola sempre al potere politico. Secondo i critici, questa riforma porterebbe un potere quasi assoluto al governo e alla sua coalizione, venendo meno alla democrazia presente in Israele.
Se uniamo questa proposta ai vari processi di diversi ministri per corruzione, il risultato è questo dissenso popolare che ha preso piede con proteste e manifestazioni da più di due mesi. Persino alcuni piloti della compagnia aerea El Al si sono rifiutati di prendere servizio per il viaggio diplomatico del primo ministro in Italia.
In conclusione, l’Israele si ritrova con due scelte: o le opposizioni, tramite alleanze interne, riescono a salvaguardare le istituzioni del paese oppure il governo prenderà mano il potere trovandosi non poco distante dal governo ungherese e da alcuni stati autoritari del Medio Oriente.