Nell’ultimo periodo stiamo assistendo in tutto il mondo ad un forte e generale rialzo dei prezzi dovuto a cause di natura diversa: la guerra in Ucraina che destabilizza il mondo della produzione e del commercio da tempo, l’inflazione di cui attualmente si registrano dati gravosi e diversi ma non generalizzati, fortunatamente, casi di speculazione finanziaria.
La speculazione è un tipo di operazione commerciale con la quale si intende ottenere il guadagno rappresentato dalla differenza tra il prezzo di un bene nel presente e il prezzo dello stesso bene successivamente. A differenza di altre attività economiche basate sul concetto di valore atteso, come ad esempio gli investimenti finanziari, le speculazioni non si poggiano su previsioni solide e dunque oggettive, ma su ipotesi soggettive.
L’esecutivo guidato da Mario Draghi aveva imposto una tassa una tantum sul extra-gettito delle imprese che stanno tutt’ora guadagnando di più ma poche realtà hanno effettivamente pagato questa tassa che avrebbe dovuto garantire allo Stato fondi utili a spegnere l’incendio finanziario.
Le cause delle condizioni così avverse in cui nuota la nostra economia e il consumatore di oggi sono diverse e non facili da comprendere.
Una delle difficoltà quotidiane è legata al costo della benzina. A seguito della rimozione dello sconto sulle accise che il governo Draghi aveva operato (-0,25€/litro), il costo della benzina è tornato sopra la soglia di 1,80€/litro e ciò è stato giustificato dalla presidentessa Meloni attraverso un richiamo alla “non progressività” delle accise, ossia il fatto che esse sono imposte che si applicano a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito. Successivamente, Giorgia Meloni ha precisato che intende diminuire i costi dell’energia piuttosto che sulle accise.
Il prezzo attuale della benzina e del gasolio non è l’unico problema con cui gli italiani devono confrontarsi quotidianamente. Infatti, nel marasma generale, risultano importanti e corposi anche temi come il costante aumento dei prezzi a fronte di un tasso di inflazione sempre più in crescita, la condizione di risparmio e di reddito delle famiglie e la fiducia generale delle imprese e dei consumatori.
In riferimento all’anno 2022, forniamo dei dati precisi sulle varie tematiche.
L’aumento dei prezzi a dicembre registra una crescita in media d’anno dell’8,1%, segnando così l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu +9,2%), principalmente a causa dall’andamento dei prezzi degli Energetici (+50,9% in media d’anno nel 2022, a fronte del +14,1% del 2021). Al netto di questi beni, lo scorso anno, la crescita dei prezzi al consumo è pari a +4,1% (da +0,8% del 2021).
L’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili per tutto il 2023) è pari a +5,1%, più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu +1,8%.
Per quanto riguarda il reddito e il risparmio delle famiglie nel III trimestre del 2022: la pressione fiscale è stata pari al 42,7%, in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato in termini nominali dell’1,9% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi finali sono cresciuti del 4,1%.
La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stimata al 7,1%, in diminuzione di 1,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Il potere d’acquisto delle famiglie, frenato dalla crescita dei prezzi, è tuttavia cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,3%.
Fiducia delle imprese e dei consumatori a dicembre 2022: il clima di fiducia delle imprese aumenta per il secondo mese consecutivo toccando un livello comunque inferiore alla media del periodo gennaio-novembre 2022. L’aumento dell’indice è prodotto principalmente da giudizi e aspettative in miglioramento sia nel comparto dei servizi sia in quello delle costruzioni. Anche il clima di fiducia dei consumatori registra un incremento per il secondo mese consecutivo. L’aumento è dovuto soprattutto ad un’evoluzione positiva delle opinioni sulla situazione economica del paese (ivi comprese quelle sulla disoccupazione); invece, le variabili riguardanti la situazione personale registrano un miglioramento più contenuto.
Per quanto riguarda i salari in Italia invece sono state prese in considerazione le seguenti stime: circa 1,6 milioni di italiani hanno un reddito annuo lordo superiore a 60.000 euro; 22,7 milioni di italiani non superano i 20.000 euro. Su 40,5 milioni di contribuenti, il 4% dichiara più di 2.850 euro netti al mese, mentre il 56% dichiara meno di 1.300 euro netti al mese. Meno di 41.000 contribuenti (0,1% del totale) dichiarano un reddito annuo lordo medio superiore a 300.000 euro (ca 12.000 euro netti al mese). In generale chi ha proseguito gli studi fino al periodo universitario mediamente guadagna di più rispetto a chi non ha studiato, il salario aumenta per i professionisti specializzati.
Al 2019, nel settore pubblico, il valore medio della retribuzione annua lorda (RAL) passa dai 28.440 euro della scuola fino ad arrivare agli oltre 137.000 medi della magistratura. La retribuzione media annua lorda dei dipendenti pubblici è di circa 34.500 euro.
Nel privato, ad inizio 2021, i servizi finanziari sono il settore che più paga (RGA 45.295 euro), di contro, l’agricoltura è quello che paga meno (RGA 24.619 euro). I servizi finanziari, insieme al settore delle utilities (RGA 32.563 euro), l’industria di processo (RGA 32.065 euro) e manifatturiera (RGA 30.538 euro) hanno delle RAL e RGA medie che si posizionano al di sopra della media nazionale, mentre al di sotto, insieme ad agricoltura, ci sono i servizi (RGA 28.842 euro), commercio (RGA 29.169 euro) ed edilizia (RGA 26.929 euro). Le differenze salariali basate sul genere sono davvero ancora evidenti, infatti, osservando il settore privato, eccetto che la sanità e istruzione private, per l’anno 2020, a parità di mansione, le donne hanno registrato una RAL inferiore dell’11,5% e una RGA inferiore del 12,8% rispetto quelle degli uomini.
Differenze si registrano anche tra nord e sud, la RAL media del Nord ad inizio 2021 è di 30.800, nel Centro di 29.300, nel Sud e nelle Isole di 26.300. Al Nord dove hanno sede aziende di grandi dimensioni, dunque è presente la domanda di profili lavorativi con elevate competenze. Allo stesso tempo, il costo della vita è più basso nel Meridione e occorre ricordare che il tasso di lavoro sommerso è maggiore al Sud.