L’articolo 4 della nostra costituzione recita:
“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”
Da ciò si può trarre che il lavoratore non è un individuo singolo, bensì parte integrante della Repubblica e il dovere di lavorare, non deve essere visto come una minaccia. La Costituzione garantisce la pluralità e la diversità nel modo di svolgere il lavoro, ognuno deve sentirsi libero di fare il lavoro che vuole, nel modo che vuole. Essere cittadino significa fare parte di qualcosa di più grande di sé stessi, essere lavoratore significa contribuire a far crescere la propria comunità e il Paese.
Il lavoro non è quindi soltanto uno strumento attraverso cui mettere a frutto le proprie capacità e sostentarsi, ma anche un mezzo di partecipazione attiva alla realizzazione della collettività.
Come osservò Costantino Mortati “nella Costituzione italiana, il lavoro posto a base della Repubblica, non è fine in sé o mero strumento di guadagno, ma mezzo di affermazione della personalità del singolo, garanzia di sviluppo delle capacità umane e del loro impiego.”
Tutte queste belle parole sono tutt’oggi ancora non raggiunte. Basti citare, la problematica delle morti sul lavoro (troppe, le chiamano morti bianche, ma bianche non sono forse nere), la problematica della donna costantemente sottopagata e sottostimata nell’ambiente lavorativo e solo recentemente una donna è diventata AD di una azienda partecipata dallo Stato italiano. Le donne corrono anche il rischio di perdere il loro lavoro, solo perché decidono di volere un figlio, molte donne in carriera credono che averlo oggi sia un limite, anzi quasi un danno fanno di tutto per non averlo perché metterebbe in crisi il loro lavoro e la loro realizzazione, proprio quello che la Costituzione dovrebbe garantire, secondo l’articolo 37:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.”
Nell’ Articolo 35 si afferma:
“La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.”
Ancora oggi il lavoro non è tutelato da nessuno, numerosissime sono le morti bianche sul lavoro nel gennaio del 2023 sono state 43, per non citare numerosi infortuni sul lavoro, spesso anche gravi, che possono avere conseguenze gravi sulla vita personale. Lo Stato è assente in tutto questo, non fa nulla per evitare le morti, ed è ancora più assente quando si parla di sfruttamento sia di connazionali sia di extracomunitari che lavorano a nero, per ore e ore sotto il sole, senza vedersi garantiti neppure i requisiti minimi per mantenere la propria dignità. Ad esempio, vivono in baraccopoli senza neppure servizi igienici funzionanti. Egoismo? Consumismo? Capitalismo? Razzismo? Non importa, si spera solo che ogni uomo abbia la propria dignità e la mantenga. Il lavoro dovrebbe nobilitare l’uomo, garantirgli dignità, ma quando il lavoro non è dignitoso e non garantisce neppure la sopravvivenza, forse non è lavoro.
Lavorare così attiva un processo di disumanizzazione, in cui ci si dimentica che siamo persone e l’unica cosa che conta sono i profitti. Il sistema capitalistico che guarda solo al dio denaro non dà dignità alla persona, e si rischia che la società abbia sempre più difficoltà a vivere rispettando i sacrosanti diritti umani.