Quando si parla di femminismo attraverso i media odierni si tende spesso a presentarlo come un movimento unitario, nato da una causa precisa e finalizzato a determinati scopi. In realtà più che di femminismo dovremmo parlare di “femminismi” in quanto nel corso degli anni si sono sviluppati diversi movimenti o correnti di pensiero che hanno promosso costantemente una macro riflessione sulla subalternità della donna rispetto alla figura dominante, l’uomo, analizzandone le cause ed i possibili tentativi di decostruzione.
Dal femminismo liberale, finalizzato alla rivendicazione dell’uguaglianza delle donne attraverso l’ottenimento di diritti politici, economici e civili, si è passati a quello socialista in cui emerge la figura del patriarcato e vengono analizzate le possibili relazioni tra quest’ultimo e il capitalismo, a quello radicale, al femminismo nero in cui la riflessione sulla subalternità della donna cambia direzione e si realizza in funzione di concetti quali razza ed etnia. Evitando una mera classificazione e descrizione dello statuto e degli obiettivi di ogni femminismo nato nel corso degli anni, questo articolo, a partire da una prospettiva di riflessione su Carla Lonzi, indaga sul perché il femminismo serva a tutti e quale sia la sua portata rivoluzionaria nel coinvolgimento egualitario di ogni essere.
Un opera importante di Carla Lonzi, esponente di spicco del femminismo radicale italiano, è “Sputiamo su Hegel”, un saggio pubblicato nel 1970 e facente parte di un insieme più ampio di scritti nati in seno al gruppo “Rivolta femminile”. Esso rappresenta la riflessione dell’autrice, tra il 1970 ed il 1972, sulla presa di coscienza dell’identità femminile e sulle possibilità negate alle donne di rivendicarla. Carla Lonzi affronta inoltre diversi punti tra cui il “problema femminile” e l’uguaglianza, la critica ad Hegel, la critica a Marx ed Engels, la riflessione sulla famiglia ed il tema della maternità, la cultura ed il ruolo della donna.
Il “problema femminile” consiste nell’analisi delle relazioni tra ogni donna, realizzata come priva di una storia, ruolo e cultura ed ogni uomo, affiancato da una storia ben definita, un ruolo ed una cultura, al fine di mettere in discussione l’operato di un uomo “assoluto” che non ha mai considerato la donna come essere umano al suo livello. Lonzi, successivamente, afferma che l’uguaglianza definita come principio giuridico che da eguali diritti a uomini e donne è “il mondo della sopraffazione legalizzata” perché costituisce il principio in base al quale viene confermata all’uomo la sua posizione egemone rispetto alla subalternità della donna. La vera chiave di svolta nella riflessione, secondo Lonzi, si realizza nel momento in cui l’identità femminile è individuata, valorizzata e legittimata, a partire dal riconoscimento della differenza sessuale: è in funzione della differenza che la donna acquisisce valore e deve ottenere pari diritti, diversamente non è tramite la concessione di quest’ultimi il mezzzo con cui una donna può ottenere l’attribuzione ed il riconoscimento del “giusto” valore.
L’assenza di un confronto con la figura dominante e la scoperta, l’analisi e la rivendicazione della propria natura ed identità è ciò che definisce il concetto di “muoversi su un altro piano” della Lonzi: la donna non deve sottostare alle regole del patriarca e non deve riconoscere e legittimare la sua identità a partire da un confronto con il soggetto egemone ma deve affermare la sua identità partendo da se stessa.
Nel corso degli anni la riflessione sulla figura della donna e sulla sua subalternità ha subito mutamenti ed uno di essi è stato introdotto da Bell Hooks, scrittrice e femminista statunitense, la quale parla, in suo libro importante dal titolo “Il femminismo è per tutti”, di un grave fallimento del movimento femminista. In particolare, Bell Hooks afferma che il movimento non è stato in grado di attrarre a sé un gran numero di donne e uomini semplicemente perché non è stato affrontato adeguatamente il problema di ciò che i maschi potrebbero fare per essere antisessisti, ma anche di quale potrebbe essere una mascolinità alternativa. Dunque, Bell Hooks rivendica l’assoluta necessità del femminismo di non configurarsi come un movimento esclusivo ma piuttosto finalizzato all’inclusione.
Si passa dunque da una lotta contro l’egemone al rifiuto di un confronto dialettico per giungere infine a riflettere sul fatto che il femminismo, per essere davvero rivoluzionario e capace di determinare cambiamenti sociali e culturali pratici, ha bisogno anche della partecipazione degli uomini che hanno l’occasione di analizzare la loro mascolinità, il loro ruolo e la loro posizione cristallizzata e dominante per poterla decostruire e realizzare un modello alternativo.