Negli ultimi tempi è tornato vivo il ricordo della figura di Angelo Vassallo, sindaco del comune di Pollica, ucciso da ignoti nel 2010 nella frazione di Acciaroli. Nato a Pollica nel settembre 1953, Vassallo era un politico esponente del PD. Venne eletto sindaco tre volte: nel 1995, nel 1999 e nel 2005. Nel 2010 venne rieletto per la quarta volta, essendo l’unico candidato. Inoltre, era stato consigliere provinciale per Democrazia e Libertà (partito noto come La Margherita) ed era anche presidente della Comunità del parco, ente del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. La sua attività politica si contraddistingue per l’attenzione all’ambiente: nel 2007, poiché Pollica era al centro di ricerche riguardanti regimi alimentari mediterranei, Vassallo propose di candidare la dieta mediterranea fra i patrimoni immateriali dell’umanità. Il 16 novembre 2010 l’UNESCO approva la candidatura, che venne dedicata proprio al sindaco pescatore, assassinato nel settembre dello stesso anno. Molto probabilmente dietro all’omicidio si nasconde una matrice camorristica, dal momento che Vassallo era impegnato sia a opporsi a pratiche illegali sia a tutelare l’ambiente, in particolare il porto della frazione di Acciaroli, che sarebbe stato di grande utilità per il commercio illegale di droga. Nel 2015 e nel 2018 vennero indagate due persone, una delle quali era un carabiniere colluso a un clan per averne protetto le attività di narcotraffico. Da qualche tempo il caso Vassallo è di nuovo al centro dell’attenzione dal momento che sono indagate nove persone: due legate alla camorra, quattro imprenditori e tre carabinieri. Secondo quanto trapela dalle indagini, il sindaco sarebbe stato assassinato perché voleva denunciare un traffico di droga che andrebbe a coinvolgere, per la sua posizione, il porto di Acciaroli. Fra gli indagati spicca di nuovo il carabiniere Lazzaro Cioffi, già indagato nel 2018, e condannato per aver avuto contatti con i trafficanti del Parco Verde di Caivano; un altro nome che spunta fra quelli degli indagati è quello del colonnello Fabio Cagnazzo, allora comandante provinciale dell’Arma di Frosinone. Secondo l’avvocato Ingroia le indagini sarebbero state oggetto di depistaggio dal momento che ad essere coinvolta non era solo la camorra, ma anche l’Arma dei carabinieri.