Da tempo ormai, la nostra libertà è costretta a limitarsi per colpa della normalità. Ma che cos’è la normalità? Esiste la normalità? No, non esiste alcun tipo di normalità. Anzi la normalità l’abbiamo costruita noi per poterci identificare in un gruppo omogeneo e distinguerci dall’anormale, colui il quale viene identificato di conseguenza come il nostro nemico, ma sebbene ci permetta di acquisire una coesione sociale, la nostra normalità è solo nostra, pertanto potremmo giungere a considerare la normalità relativa, perché dal momento in cui consideriamo l’altro anormale, anche l’altro avrà una sua normalità e una sua anormalità che dovremmo essere noi. Si può dunque ancora parlare di normalità? La normalità non è altro che uno schema abbastanza soffocante nel quale manca il respiro costruito dalla società e che si basa su norme e convenzioni sociali, alcune delle quali molto vecchie e limitanti per la libertà d’espressione, opinione, modo di vestirsi, orientamento sessuale e ogni altro tipo di libertà. Viviamo dunque in una società libera, equa e fraterna? No, lo slogan della Rivoluzione francese possiamo dire che nel nostro mondo è stato dimenticato da tutti.
Noi viviamo, stiamo vivendo in una società antropoemica, cioè una società che invece di aggregare il diverso lo esclude, anzi lo espelle, lo isola, lo ghettizza una parola molto brutta, ma è la cruda verità stiamo ghettizzando la diversità, viviamo in mondo fatto soltanto di due colori, quando potremmo vivere in un mondo immerso nella luce e nei colori, noi amiamo le tenebre e l’oscurità. Dovremmo essere una società antropofagica, un elemento aggregante e cooperazione sociale, nella quale non dovrebbe imperare l’egoismo e l’individualismo come invece oggi accade. Un esempio della nostra società antropoemica? I cattivi nel film o nei cartoni animati sono sempre quelli che hanno un danno fisico, sono sempre diversi da noi, come Capitan Uncino è il cattivo e gli manca anche una mano pertanto è diverso dai buoni e quindi da noi che siamo più simili ai buoni che ai cattivi, oppure i cattivi sono dei nani perfidi perché diversi dalla mia normalità, diversi da noi. Un altro esempio potrebbe essere la nostra esclusione dalla vita sociale, dalla nostra società chiunque non si conformi alla nostra normalità, facendo in questo modo non provocheremo altro che disagio. Un esempio del disagio causato dalla nostra ghettizzazione sono i numerosi episodi delle gang band in tutt’Italia composte per lo più da ragazzini nord-africani che non si sono mai totalmente parte della nostra società, vivono un disagio che manifestano attraverso comportamenti violenti e sbagliati, con questo non li si sta giustificando ma la colpa è anche nostra. Un altro episodio, abbastanza recente è il suicidio di un professore transessuale, anche in questo caso l’errore è una società che non integra ma disgrega.
Società vuol dire: “organizzazione di persone che si riuniscono per cooperare a un fine comune”, però i recenti fatti di cronaca ci portano a considerare l’ipotesi che molte persone, soprattutto ragazzini, ma non solo, vivono in una società nella quale non si sentono liberi di vivere, una società che li spinge a vivere ai margini creando in essi complessi di inferiorità, una società che considera il diverso come la feccia della società non è neppure una società, perché non vi è alcuna cooperazione per far vivere serenamente queste persone che non si sentono accettate e integrate anche soltanto perché indossano una taglia in più, soltanto perché hanno un colore di pelle o capelli differenti, perché si è diversi dalla massa. Una volta essere diversi dalla massa era un valore, oggi essere diversi dalla massa è per molti un danno e fanno di tutto per uniformarsi alla massa, per essere accettati a volte comportandosi anche in modo errato o violento contro gli altri e se stessi.
Gli antichi accettavano e accoglievano il diverso, dotavano il diverso di poteri soprannaturali, noi invece lo allontaniamo quasi per paura di infettarci. Non mi dilungo molto in questo articolo, ma ci sarebbe molto altro da dire sul nostro concetto di normalità. Dovremmo però ricordarci come nella nostra vita tutto sia relativo anche la nostra normalità. Dovremmo imparare ad accettare l’altro per quel che è e non costringerlo entro schemi prefissati e convenzionali creati dalla società, dovemmo vivere in un mondo che si possa chiamare “casa” per tutti, ovvero in un posto nel quale sentirsi a proprio agio nella diversità, al caldo e protetti sapendo che la diversità è un dono non una condanna a morte, la diversità deve aprire le porte della società e non chiuderle e qui si parla di diversità nel senso più ampio il possibile: con diversità intendo dire tutto ciò che è strano, ecco noi diremmo e diciamo che tutto ciò che è al di fuori della nostra normalità è strano, forse dovremmo imparare che anche strano è un concetto relativo.
Per concludere, diversità significa: “Condizione di chi è considerato da altri, o considera sé stesso, estraneo rispetto a una presunta normalità di razza, propensioni sessuali, comportamenti sociali, scelte di vita” (tratto da Oxford Languages). Ecco quello che mi sembra interessante in questa definizione è “presunta normalità”, ecco la normalità è presunta. Dovremmo imparare cosa significa libertà, oggi non sappiamo più cosa vuol dire libertà perché non siamo liberi neppure di decidere quando morire e come morire, forse non ce ne siamo accorti ma oggi più che mai viviamo sempre più una società di antico regime in cui la libertà è fortemente limitata. La libertà per me è fare ciò che si vuole pur nei limiti ovvero la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri. Si stanno facendo importanti passi d’inclusione della diversità, ma talvolta non è ancora abbastanza e lo si può vedere ogni giorno perché ogni giorno veniamo a conoscenza di avvenimenti alle volte molto violenti, una violenza che esprime il proprio senso di inadeguatezza, una violenza provocata da noi che non lì abbiamo accettati e dunque anche in questo caso abbiamo le mani sporche di sangue. Riporto in fine due frasi di un film che merita di essere visto da tutti e che parla proprio di quanto sia difficile essere considerato normale ed essere accettato dagli altri e soprattutto della possibilità e il dovere di accettare il diverso nella nostra società, il film si intitola “Wonder”:
Forse la verità è che davvero non sono normale. Forse se sapessimo quello che passano gli altri capiremmo che nessuno è normale e che tutti meritano una standing ovation almeno una volta nella vita.
Signorino Albans, Auggie non può cambiare il suo aspetto. Forse noi… possiamo cambiare il nostro sguardo.