Il Principe è l’opera più celebre di Nicolò Macchiavelli, scritta a Firenze nel 1513 e dedicata a Lorenzo De’ Medici, duca di Urbino. Machiavelli è il primo a slegare la politica dalla morale e dalla religione, analizzandone gli aspetti come si fa con la scienza.
Possiamo quasi affermare che Machiavelli anticipi quella che sarà la concezione illuministica del sapere, che analizzerà la politica nei trattati di Rousseau e Montesquieu, legando fortemente la politica, non alla morale, ma allo studio dello stesso comportamento umano.
L’autore ha in mente come modello Cesare Borgia, un uomo spietato, che va contro ogni morale, ma che è considerato dallo scrittore il perfetto esempio di Principe, pronto ad adattare la propria natura ad ogni carattere. C’è in lui lo spirito clemente del leader, ma anche la ferocia del soldato mercenario più spietato, c’è in lui l’amore per la famiglia, ma è disposto a rinnegarla, se ciò serve a salvare il suo Stato.
Inoltre, Machiavelli ci aiuta a capire alcuni aspetti contemporanei. Ancora oggi, il successo di un governo dipende dalle qualità della sua leadership. E quale lezione di vita è meglio della storia?
Oggi i leader, proprio come fa Machiavelli, cercano di gettare un occhio nel passato di quei re, principi e ministri che si sono trovati alle prese con gli stessi problemi almeno 200 anni prima. Inoltre, la concezione di Machiavelli non è così antica. Infatti, cos’è la politica se non una guerra? Come si può uscire vincitori da una guerra senza andare contro i principi di morale e religione? Se politica ed economia non esistessero, non esisterebbe neppure la guerra. Machiavelli insegna a realizzare strategie vincenti in tutti e tre i campi.
Inoltre, ha una concezione pessimistica della natura umana, ma come dargli torto? Quanti uomini giusti e onesti abbiamo incontrato nel corso della storia italiana? “Quasi nessuno” risponderemmo all’unisono. Non è stato il Novecento il secolo della tragedia per mano di un solo uomo? Non è stato sterminato un intero popolo? Non assistiamo ancora oggi nel XXI secolo all’orrore della guerra? Non è il XXI secolo il tempo della follia? In cui due uomini combattono mentre la gente continua a morire? Dunque, c’è ancora chi pensa che il “Principe” sia un’opera così inattuale? Siamo sicuri che il termine “machiavellico” indichi qualcosa di crudele e oscuro, piuttosto che qualcosa di razionale e reale?