Per questo nuovo articolo ho scelto Saffo, una grande poetessa greca autrice delle mie liriche preferite. Qualcuno, sono certo, si starà chiedendo chi sia, oppure alcuni la conoscono poco e male, il mio scopo è proprio questo farvela scoprire.
Nulla di troppo complicato, questo è solo un assaggio della poesia di Saffo. Saffo era una poetessa greca nata tra il 630 a.C. e il 570 a.C. a Lesbo, un’isola della Grecia, ma non sono date certe e apparteneva ad una famiglia aristocratica del posto.
La poetessa fu tra le più brave e celebrate in antichità come nella modernità e tuttora gode di una fortuna interminabile. Fu lodata da Ovidio e Catullo. Prima però di passare ai due brevi testi che proporrò forse c’è bisogno di spiegare meglio chi fu Saffo: oltre ad essere una grande poetessa fu anche un’educatrice di un tiaso a Lesbo. Cos’è un tiaso? Potreste chiedervi. Il tiaso era un istituzione dedicata all’istruzione femminile attivo in Grecia intorno VII sec. a.C e semplificando potremmo dire che era una sorta di collegio femminile. Questo tiaso era tra i migliori di Lesbo (vi era una ricca concorrenza, giudicate da Saffo non all’altezza del compito), le famiglie aristocratiche dell’isola e non solo portavano lì le loro figlie che avrebbero dovuto sposarsi, perché appunto questo faceva Saffo ossia educare le ragazze alla vita matrimoniale, al canto, la danza e la ritualità domestica. Spesso abbiamo delle sue liriche dove lamentava l’addio delle sue ragazze (le quali si sarebbero sposate con altri uomini), con esse aveva un legame amoroso molto stretto, come si può leggere anche da uno dei testi che riporterò più in basso. Saffo, la Lesbica, divenne oggetto di scherni più o meno osceni o di giudizi come quello espresso dall’anonimo autore di un papiro di Ossirinco: “È stata criticata per la sua dissolutezza e perché amava altre donne”. Almeno dai suoi fautori, l’omosessualità non è più ritenuta, oggi, una forma di “dissolutezza”.
Ma molti rimarrebbero stupiti nell’apprendere che la loro scelta si inscrive in una tradizione aristocratica greca, per i suoi contemporanei la questione neppure si poneva anzi era più che normale (siamo noi oggi, viventi in una società antropoemica -cioè una società che rigetta il diverso- vediamo nell’essere diverso il male che infesta la società quella antica era invece, una società antropofagica -cioè accoglieva il diverso, dava loro particolari poteri- purtroppo o per fortuna non viviamo più nell’antichità). Proprio il ruolo di Saffo a questo proposito, decontestualizzato rispetto al periodo culturale, è stato frainteso e ha dato origine a termini quali saffico e lesbico, utilizzati oggi per definire l’omosessualità femminile. Saffo si innamoro anche di un traghettatore Faone, non si sa se sia veramente esistito e per dimenticarsi dell’amore con Faone si sarebbe buttata dalla rupe di Leucade ma molto più probabilmente di vecchiaia attorno al 570 a.C. la data però non è certa.
Di Saffo ho scelto il frammento -Voigt 16- dove difende Elena, la donna che tutti hanno e avevano considerato la colpevole della guerra di Troia, ebbene qui Saffo difende benissimo l’amore, il quale per lei così come per Elena è la cosa più bella al mondo e così dovrebbe essere per tutti quanti. Saffo si schiera apertamente contro la guerra, quasi un moderno “fate l’amore non la guerra” e la guerra a cui fa riferimento è ovviamente quella di Troia. Ora con questo non sto dicendo che la poetessa sia stata una pacifista, stiamo attenti, però in questo caso riferendosi soltanto alla guerra di Troia in parte lo è ma solo perché le serve per discolpare Elena dalla sua colpa (si potrebbe dire che usò un strumento poetico, per condurre il lettore al punto saliente ovvero liberare Elena) perché sa bene, come sappiamo tutti noi, a quali pazzie si è pronti per l’amore e dove può portare l’amore. Potremmo prendere come esempio questa situazione per finalmente liberare le donne, come l’Autrice cerca di fare, dal peccato originale (sarebbero state loro a portare tutti i mali sulla faccia della terra, si pensi a Pandora od Eva stessa) e cercare di fare meno guerre sanguinose, inutili e sterili. Riporto la lirica direttamente in italiano, non mi soffermo sull’analisi del testo greco, ci sarà la presenza di parentesi quadrate perché il testo è rovinato purtroppo.
Chi un esercito di cavalieri, chi di fanti,
e chi di navi, sulla terra nera
dice essere la cosa più bella, io, invece, ciò
che uno ama;
ed è così semplice renderlo comprensibile
a chiunque: colei, infatti, che di gran lunga superava
in beltà ogni essere umano, Elena, lo sposo
che pur era assai valente
abbandonò e giunse a Troia, traversando il mare
e né della figlia, né dei suoi genitori
conservò alcun ricordo, ma la sedusse (Cipride)
ora mi ricorda Anattoria
che non è presente:
di lei io vorrei vedere l’amabile incedere,
il luminoso bagliore del volto,
più che i carri dei Lidi e con le armi
le fanterie.
non è possibile divenire
uomini augurarsi di partecipare
[. . . ] e all’improvviso.
Ho deciso di riportare anche un altro brevissimo frammento di Saffo, -frammento 42 Voigt- in questo Saffo descrive benissimo la condizione di una persona innamorata, presa in una sorta di delirio bacchico cioè da un’irrazionalità, descrive le sensazioni del corpo in amore meglio delle cosiddette farfalle nello stomaco, perché qui riporta la condizione difficile di una persona innamorata, il turbamento, il dolore e per citare Saffo stessa: “Di nuovo Eros che scioglie le membra mi affligge,[Eros] dolceamaro irrazionale distrugge”. Anche su questo frammento non mi soffermo sul testo greco, riporto soltanto la traduzione.
Eros ha sconvolto il mio cuore,
come un vento che si abbatte sulle querce sulla montagna.
Ma d’altronde è proprio questo il bello dell’amore, l’irrazionale. Il non pensare al nulla se non all’amore, il cervello muore mentre il cuore regna da dittatore sul corpo, un cavallo che non può essere imbrigliato, una forza che rompe gli argini per investire i campi e produrre una raccolta fertile. A volte è una forza buona che non fa dolore, ma altre volte purtroppo uccide per un eccesso, un overdose fatale d’amore. Dovremmo inoltre pensare ad un mondo d’amore, un mondo senza alcuna barriera o confine, senza alcuna limitazione anche personale, libero e scevro da qualsiasi pregiudizio, non ingabbiamo l’amore anzi permettiamo all’amore di volare libero ovunque voglia e di posarsi su qualunque fiore dell’immenso prato dell’amore, lasciare che tutti siano chi vogliono essere, lasciare libero l’amore e rinchiudere nelle prigioni per tutta la vita la violenza, la guerra. Lasciamo che il mondo sia un luogo fradicio d’amore, l’anima deve sguazzare nell’amore soltanto così potremmo vivere la nostra vita serenamente, invece di permettere all’anima di sguazzare tra l’odio e la violenza dove l’anima ben presto si consuma, di lei resta poco e nulla se non uno spettro cupo e incolore, insapore che non sa più vivere la vita, non sa più godere delle gioie che la vita sa regalare. L’unica forza, se dosata come si deve, non fa male ma anzi da altra vita e noi abbiamo bisogno di vitalità in un mondo così tetro e oscuro, nel quale spesso domina la violenza alla quale troppo spesso gli viene dato il permesso d’uscire dalla cella. Alimentiamo la fiamma dell’amore, prima che questo falò sulla spiaggia si spenga e di lui come di noi non resti che cenere nera, il nulla. Viva l’amore.