Ho scelto questo controverso libro (lettera a un bambino mai nato) di Oriana Fallaci per esordire in questa mia nuova esperienza, perché Oriana resta per me una delle mie scrittrici preferite, tra le migliori giornaliste che l’Italia ha mai avuto. In questo libro Oriana ancora non è quella dura della rabbia e l’orgoglio, infatti in questo libro vi è una Fallaci più dolce, io lo considero un classico irrinunciabile.
In modo particolare vorrei qui proporre (brevemente), un estratto del libro. Questo estratto è per me tra i più belli che Oriana abbia scritto, riassume perfettamente il senso del libro. In questo libro Oriana ha dato dimostrazione di come si possa essere liberi di decidere se dare alla vita o meno un bambino, sta a chi leggere decidere in che verso leggere il testo. Un libro che è per tutti sia per la vita, sia per la morte e basta solo sapere in che modo leggerlo. Il testo è molto di più di questo, perché esso è anche una denuncia sulla condizione delle donne legate a doppio filo alla condizione di essere madri, le quali si trovano spesso da sole senza nessuno vicino e spesso in gravi difficoltà (per usare un eufemismo) con il lavoro, decidere se lavorare oppure diventare madri. Un testo che mette in crisi ogni tipo di scelta, ecco si potrebbe riassumere così: un libro che mette in crisi. (crisi, è una parola greca che di fatto vuol dire momento di scelta) La Fallaci non è una donna di dubbi, non di certezze.
Ora condivido il breve estratto (un po’ riassunto):
“[…] non é paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non é paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore. E paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti al mio ventre. […] La vita é una tale fatica, bambino. E una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio? Non puoi mica parlarmi. […] Io, in fondo, non temo neanche di morire: perché‚ se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio […] Ma il niente é da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.
Già qui la Fallaci mette in crisi il fatto che se sia giusto imporre delle decisioni al bambino, se sia giusto decidere al posto suo ma poi andrà più avanti ancora nel testo, continuo con la citazione (arriva la parte che io trovo più interessante):
“Sarai un uomo o una donna Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto d’accordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia una disgrazia. La mia mamma, quando é molto infelice, sospira: Ah, se fossi nata uomo! Lo so: il nostro é un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura é così antica che si estende perfino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna […] . proprio per questo, essere donna é così affascinante. E un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. […] Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata. Essere mamma non é un mestiere. Non é nemmeno un dovere. E solo un diritto fra tanti diritti. Faticherai tanto ad urlarlo. E spesso, quasi sempre, perderai. Ma non dovrai scoraggiarti. Battersi é molto più bello che vincere, viaggiare é molto più divertente che arrivare: quando sei arrivato o hai vinto, avverti un gran vuoto. […] Ma se nascerai uomo io sarò contenta lo stesso. E forse di più perché‚ ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo, ad esempio, non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. […] neanche per un uomo la vita é facile, sai. Poiché‚ avrai muscoli più saldi, ti chiederanno di portare fardelli più pesi, ti imporranno arbitrarie responsabilità Poiché‚ avrai la barba, rideranno se tu piangi e perfino se hai bisogno di tenerezza. Poiché‚ avrai una coda davanti, ti ordineranno di uccidere o essere ucciso alla guerra ed esigeranno la tua complicità per tramandare la tirannia che instaurarono nelle caverne. Eppure, o proprio per questo, essere un uomo sarà un’avventura altrettanto meravigliosa: un’impresa che non ti deluderà mai. […] se nascerai uomo, spero che sarai un uomo come io l’ho sempre sognato: dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, generoso con chi ti vuol bene, spietato con chi ti comanda.
“[…] anzitutto, a me, interessa che tu sia una persona. E una parola stupenda, la parola persona, perché‚ non pone limiti a un uomo o a una donna, non traccia frontiere tra chi ha la coda e chi non ce l’ha. Del resto il filo che divide chi ha la coda da chi non ce l’ha, é un filo talmente sottile: in pratica si riduce alla facoltà di maturare o no una creatura nel ventre. Il cuore e il cervello non hanno sesso. Nemmeno il comportamento. Ti chiederò solo di sfruttare bene il miracolo d’essere nato, di non cedere mai alla viltà. […] E non dimentico mai ciò che Anna Magnani mi disse tanti anni fa: “Oriana mia, non è giusto morire, visto che siamo nati.” Non dimentico neanche che quest’ingiustizia è toccata a miliardi e miliardi di esseri umani prima di me, che toccherà a miliardi e miliardi di esseri umani dopo di me. Però mi dispiace lo stesso. L’amo con passione la vita, mi spiego? Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d’un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso. E con la stessa passione odio la morte. La odio più di una persona da odiare e verso chi ne ha il culto provo un profondo disprezzo. Io non la capisco la morte, capisco soltanto che fa parte della vita, e che senza lo spreco che chiamo morte…non ci sarebbe la vita.”