L’uomo dal fiore in bocca è un dramma ad atto unico, scritto da Luigi Pirandello. Fu rappresentato per la prima volta al Teatro Manzoni di Milano nel 1922. Una rappresentazione famosissima è quella di Vittorio Gassman del 1970 al Teatro degli Indipendenti di Roma. Tratta dalla novella la Morte addosso, fa riflettere molto e si addice anche alla situazione che stiamo vivendo. Infatti nel dramma c’è un uomo che si lamenta di cose futili, come le commissioni che deve fare per la moglie e poi c’è lui l’uomo dal fiore in bocca, simbolo di un tumore, l’epitelioma e dunque della morte. L’uomo è seguito dalla moglie, che si nasconde alla vista dei due protagonisti, che vorrebbe che il marito stesse a casa a riposare, nella speranza che le sue amorevoli cure possano farlo guarire. Ma l’uomo invece sta sempre fuori, non vuole dare alla moglie il peso troppo grande di vederlo spegnersi a poco a poco. Eppure lui non si lamenta, è malinconico, ma fa un egregio discorso sulla forza dell’immaginazione, che lo distrae persino dalla morte incombente.
“Guardi, qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: – Epitelioma, si chiama. Pronunzi, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? È passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: – “Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!”
Questo breve passo ci può far capire quanto la morte sia imprevedibile, come possa colpire tutti indistintamente dal colore della pelle, dalla religione, dal sesso. Dunque godetevi ogni giorno, non sprecatelo. Se volete fare una cosa, fatela, se volete dire ti voglio bene o ti amo a qualcuno ditelo perché la morte potrebbe bussare improvvisamente alla vostra porta e strapparvi via da tutto ciò che avete di più caro e vi rimerebbe sempre il rimpianto di non aver vissuto abbastanza.
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